lunedì 24 ottobre 2011

Mimetismo e bioluminescenza

Tra le caratteristiche che più mi stupiscono negli animali vi sono le capacità di mimetismo e di bioluminescenza tipiche del polpo, della seppia, di alcuni tipi di gamberi e di molte altre bestie.

Il mimetismo
Le capacità mimetiche del polpo, come quelle del camaleonte, sono note a tutti e si basano sull'utilizzo di cromatofori (cromos= colore fero=portare, ovvero "portatore di colore").
I cromatofori sono delle
cellule epiteliali innervate contenenti delle sacche di pigmento. Le sacche possono rimanere distanti tra di loro (dando una colorazione chiara, spesso trasparente) oppure, grazie ad uno stimolo nervoso volontario, addensarsi attorno al nucleo della cellula, manifestando un colore deciso.
In alcuni animali il processo è molto semplice, basato su pochi colori. In animali come il camaleonte il meccanismo è piu' complesso perché ai cromatofori ricchi di pigmenti gialli e verdi si aggiungono altri strati sottostanti contenenti tessuti riflettenti (quindi i cromatofori fungono da "filtro", sfruttando la tecnica sottrattiva dei colori) e melatonina, utile per scurire le tonalità ottenute.

La bioluminescenza
Lucciole, krill e calamari sono capaci di emettere luce grazie ad organi detti fotofori (portatori di luce).
I fotofori sono in grado di generare due sostanze che potrebbero essere paragonate ad una chiave ed ad un lucchetto.
La chiave è rappresentata dalla luciferina, una molecola (un substrato) prodotta in uno stato eccitato, ovvero contenente piu' energia di quella che dovrebbe avere normalmente.
Il lucchetto è rappresentato dall'enzima luciferasi.
Quando la chiave (luciferina) viene a contatto con il lucchetto (luciferasi), la molecola eccitata torna ad uno stato normale e l'energia in eccesso viene liberata sotto forma di luce.
Parte degli animali sviluppano l'enzima e il substrato autonomamente, mentre in altri casi vengono sfruttati batteri che svolgono la bioluminescenza al posto loro. Alcuni di questi batteri sono responsabili del "mare di latte", un fenomeno caratteristico dei mari indiani descritto anche da Jules Verne in 20000 leghe sotto i mari.
E' curioso notare come le diverse specie animali utilizzino lo stesso organo con finalità completamente diverse.
Alcuni pesci abissali come i Melanoceti usano i fotofori come esca per attrarre le prede. Cefalopodi di grandi profondità come i calamari vampiri usano i fotofori per produrre bagliori con cui stordire i predatori o comunque per ingannarli con sagome virtuali, in sostituzione dell'inchiostro che ritroviamo in polpi e seppie comuni.
Nelle lucciole, invece, la luce ricopre un ruolo importante nella fase di corteggiamento.

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